Storie di Sanremo – I “Vincitori”

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VINCITORI E VINTI

Volenti o nolenti, il Festival della Canzone di Sanremo fa parte della storia della musica italiana. Un festival nato nel lontano 1951 con l’intento di vivacizzare la stagione morta della cittadina ligure e, nel corso degli anni, sulle assi del palcoscenico del Teatro Ariston, sono passati centinaia di artisti, già affermati o in cerca di visibilità o esordienti assoluti. Oggi molti dei nomi che si erano presentati timidamente al vaglio delle giurie sono dei big affermati a livello internazionale, mentre di altri si sono perse le tracce.
Molti dei cantanti che si erano presentati semi-sconosciuti nella sezione “giovani” oggi sono stelle di prima grandezza e sarebbe ingiusto negare quindi l’importanza del Festival per la loro carriera. Basterà ricordare Eros Ramazzotti (“Terra promessa“, 1984), Marco Masini (“Disperato“, 1990), Michele Zarrillo (“La notte dei pensieri“, 1987), Laura Pausini (“La solitudine“, 1993), Mietta (“Canzoni“, 1989) o Andrea Bocelli (“Il mare calmo della sera“, 1994). Ma non sempre le famigerate giurie del Festival hanno brillato per acume, e spesso hanno preso delle sonore cantonate.

Nella prima parte di questo speciale sul Festival abbiamo visto alcuni degli artisti bocciati – a volte sonoramente – dalle giurie, che poi sono diventati dei protagonisti della musica italiana, arrivando spesso a vincere quella stessa competizione che li aveva snobbati. Qui vedremo invece l’altra faccia della medaglia: cantanti che hanno vinto nella sezione “Big” o in quella dei “Giovani” e di cui si sono spesso poi perse tristemente le tracce. Alcuni di loro hanno continuato a vivacchiare nell’ambiente musicale, altri hanno decisamente cambiato mestiere. Soprattutto, come vedremo, è nella categoria “Giovani” (o “Nuove proposte” che dir si voglia) che abbiamo il maggior numero di nomi che hanno attraversato il firmamento musicale italiano per i 3/4 minuti di una canzone, coltivando l’illusione e il sogno di un futuro che purtroppo non c’è stato.

 

 

1974, a causa dell’aumento repentino del prezzo del greggio, il 2 dicembre 1973 il governo decreta lo stato di austerità, la cosiddetta “austerity” (i meno giovani forse la ricorderanno): le auto non possono circolare la domenica, cinema e teatri devono chiudere alle 23 e i programmi TV cessano alle 23,45. In un momento non proprio lieto della nostra storia si svolge il Festival di Sanremo. Vincerà la tradizione più consolidata: Iva Zanicchi, Domenico Modugno e Orietta Berti si spartiscono il podio.
Tre le nuove proposte vince la 15enne romagnola Emanuela Cortesi con la non proprio memorabile “Il mio volo bianco“. Arriva addirittura quinta nella classifica generale, ma la sua carriera non decollerà mai. Presto si ritira dalle scene per completare gli studi, per poi tornare alla musica alla fine degli anni ’80 come corista (anche a Sanremo) e soprattutto come doppiatrice al canto di alcuni film della Walt Disney. Una carriera più che onorabile ma certo non da nome di primo piano della canzone italiana.
Anche la seconda classificata, Valentina Greco – all’anagrafe Rosa Gibertini – con la dimenticata “Notte dell’estate” non diventerà certo quella che si definirebbe un “big” della musica. Segnatevi il suo nome perché la ritroveremo anche nel Festival del 1975. Le due “vincitrici” della sezione giovani, per inciso, relegano nelle ultime posizioni tre giovani artisti destinati però in futuro, a ben altro successo: Riccardo Fogli (che ha appena lasciato i Pooh), Franco Simone e Donatella Rettore… A dimostrazione della miopia delle giurie.
Vai col lissio! Per la prima e unica volta a Sanremo partecipa l’Orchestra Spettacolo Casadei, anche se per i soliti imperscrutabili motivi vengono inseriti nella sezione degli “esordienti”, nonostante godano già da anni di una grande notorietà. Il loro valzerino “La Canta” viene elimitata a vantaggio di Emanuela Cortesi, e l’Orchestra si mette subito in viaggio a bordo del suo pullman per evitare il blocco della circolazione dovuto all’austerity. Il giorno successivo hanno già una serata in programma e devono giungere a destinazione prima che scatti il divieto per i veicoli, come il loro, con targa pari. Senonché gli organizzatori, con in testa Vittorio Salvetti che vuole rilanciare «la musica da balera, un mondo dove in tanti lavorano seriamente e onestamente» – decidono di ammettere Casadei alla finale. Parte così una ricerca sulle strade, con l’aiuto anche di una pattuglia della polizia (c’è chi ha parlato addirittura di un elicottero), che permette di trovare Casadei e la sua Orchestra. Il gruppo noleggia un aereo privato per riuscire a essere a Sanremo il sabato sera, ma all’ultimo momento la beffa: la loro partecipazione alla finale è annullata!
L’edizione del Festival del 1975 sarà ricordata come una delle meno di successo della storia sanremese. Le case discografiche decidono di boicottarla non inviando cantanti celebri nel cast di artisti in gara, così, a parte le vincitrici Gilda, Angela Luce e Rosanna Fratello – che godono di una relativa popolarità – per il resto dei partecipanti è la prima (e spesso ultima) occasione per presentarsi a un grande pubblico. Al Festival partecipa ancora Valentina Greco, per cui si tratterà di uno degli ultimi bagliori prima del crepuscolo. Di cattivo auspicio il titolo della canzone che presenta: “Un grande addio“. Alla fine del decennio si ritirerà dalla carriera musicale. Per il resto, l’elenco dei cantanti in gara sembra il cast di un festival di esordienti di provincia: Lella Selli, Annagloria, Gianni Migliardi, Gabriella Sanna, Eugenio Alberti, Paola Folzini, Goffredo Canarini giusto per citarne alcuni…
1979, Sanremo saluta il decennio che sta per chiudersi – quello degli “anni di piombo”, dell’austerity e della contestazione giovanile – con un’altra edizione sottotono, in cui continuano a mancare i grossi nomi della canzone italiana. La RAI manda in onda in diretta solo la serata finale, in cui la vittoria assoluta arride al totalmente sconosciuto Mino Vergnaghi con “Amare“, che scalza dal primo posto l’interessante “Barbara” di Enzo Carella. Vergnaghi incide un album, poi la sua casa discografica, la Ri-Fi, chiude, e lui abbandona la carriera da interprete e si trasferisce in Inghilterra. Tornato in Italia collabora come co-autore a un paio di canzoni di Zucchero ma la sua carriera oggi è quella di corista. Potrà però dire ai suoi nipotini: “Io ho vinto il Festival di Sanremo”.
Il regolamento dell’edizione 1983 del Festival – regolamento che ogni anno viene rivoluzionato – permette a 8 giovani, la cui categoria quest’anno si chiama “Nuove Proposte Italiane”, di approdare alla serata finale  e di concorrere direttamente coi cosiddetti Big. Ecco così che, a sorpresa, è la sconosciuta Tiziana Rivale – pseudonimo di Letizia Oliva – a vincere il Festival con la mediocre “Sarà quel che sarà“. La stessa etichetta della cantante, la WEA, è colta di sorpresa, avendo stampato solo 3.000 copie del disco, senza pensare a far incidere alla Rivale anche un album per poter sfruttare il successo derivante dalla vittoria al Festival. Il brano sarà oggetto di accuse di plagio per la somiglianza con “Up Where We Belong“, la canzone composta da Jack Nitzsche, Buffy Sainte-Marie e Will Jennings e cantata da Joe Cocker e Jennifer Warnes, per la colonna sonora del film del 1982, “Ufficiale e gentiluomo“. Tiziana Rivale a onor del vero non scompare totalmente dai radar musicali: dopo il Festival fa il consueto tour nei paesi in cui la musica leggera italiana è notoriamente amata, e quindi Russia, Germania, Svizzera, Ungheria, Romania, Spagna, incide qualche sporadico disco, partecipa a varie trasmissioni TV, ma senza mai raggiungere quello “status” di “big” che la vittoria al Festival ha invece assicurato ad altre sue colleghe.
Ma non basta: al secondo posto si classifica l’altrettanto sconosciuta Donatella Milani con “Volevo dirti“, una non spregevole canzone pop che porta la firma anche di Zucchero Fornaciari, la cui carriera stenta a decollare e che proprio l’anno prima era arrivato penultimo al Festival (puoi leggerlo nella prima parte di questo speciale). Anche autrice delle sue canzoni, Donatella Milani aveva debuttato nientemeno che a 4 anni sul palco dello Zecchino d’Oro, e ha scritto tra le altre “Su di noi” per Pupo, ma anche per lei Sanremo non costituisce quel trampolino di lancio sperato, e la sua carriera – anche a causa di  di un serio problema alle corde vocali – piano piano si arena, anche se come autrice continuerà a lavorare per altri.
Tiziana Rivale e Donatella Milani salgono sul podio in un Festival che vede, molte posizioni più indietro, “Vacanze Romane” dei Matia Bazar, “Vita spericolata” di Vasco Rossi e “1950” di Amedeo Minghi.
Al Festival del 1985 si canta in playback su basi registrate, tanto per non correre rischi (e risparmiare ovviamente), e la sezione “Nuove proposte” è vinta – per un punto di scarto sul secondo – dalla pugliese Cinzia Corrado con “Niente di più“. La ragazza, dopo avere appreso della vittoria, non riesce a trattenere le lacrime e si rivolge ai giornalisti: «Dite che l’anno prossimo sarò anch’io tra i Big? Non posso pensarci, ancora non sono sicura di avere vinto!». Farà bene a non pensarci troppo, in effetti. L’anno successivo non si ritrova tra i big come le sarebbe spettato di diritto, per diverse controversie discografiche, e finirà per esibirsi nelle feste di piazza soprattutto della sua regione.
Col 1986 si torna a cantare dal vivo, anche se su basi registrate, ma è già qualcosa. È il Festival vinto da Eros Ramazzotti con “Adesso tu“, che aveva vinto nel 1984 la sezione “Nuove Proposte”con “Una terra promessa“. Ramazzotti è uno di quelli che emersi tra i “giovani” di Sanremo sono poi diventati dei veri pilastri della musica italiana. Lo stesso non può dirsi per Lena Biolcati, prodotta da Stefano D’Orazio, batterista dei Pooh, che  alla seconda partecipazione al Festival vince la sezione “Nuove Proposte” con “Grande grande amore“, scritta dallo stesso D’Orazio e da Maurizio Fabrizio. La sua vittoria lascia indietro nomi come Gatto Panceri, Paola Turci e Aleandro Baldi, che avranno poi bel altro successo. Anche per lei tournée di prammatica in America del Sud e Europa dell’Est, ma dopo altre due partecipazioni al Festival passate totalmente inosservate, si allontana dalla musica, ufficialmente per dedicarsi alla figlia. Dalla fine degli anni 90 si dedica al teatro musicale e all’insegnamento, tutte attività meritorie e anche importanti, ma certo la Biolcati si aggiunge alle tante promesse non mantenute, alle tante Laura Pausini mancate che hanno calcato le assi del Teatro Ariston di Sanremo.
Composti da quattro ragazzi e una ragazza i Future vincono la sezione “Nuove Proposte” al Festival del 1988, distaccando di molto nomi come Mietta, Paola Turci, Giorgia e Biagio Antonacci (che arriverà ultimo), che avranno comunque modo di rifarsi negli anni seguenti. I 5 ragazzi di Ciampino si presentano con “Canta con noi” che vede tra le firme, anche quella di Mino Reitano, a dimostrazione della “nuova musica italiana” (!). Il presentatore Miguel Bosé annuncia che l’anno seguente i Future saranno di diritto al Festival nella sezione Big, ma così non sarà. Nel 1989 l’organizzatore Adriano Aragozzini si rifiuta di ammetterli tra i Big, argomentando che non ha intenzione di inserirli tra nomi come Gino Paoli, Ornella Vanoni o Jovanotti. La questione finisce davanti al pretore ma non ci sarà nulla da fare. Dopo un paio di altri singoli il gruppo sparisce dai radar e così le loro legittime aspirazioni.
 

 

Se il podio della sezione principale del Festival garantisce solitamente un buon riscontro in termini di popolarità, al di là del piazzamento, lo stesso non può dirsi purtroppo la sezione delle “Nuove proposte” in cui troppo spesso chi si è classificato al secondo posto resta – o meglio torna – nel più completo anonimato. È il caso delle edizioni del 1989, 1994 e 1996.
1989 – L’anno in cui Mietta vince con “Canzoni“, composta da Amedeo Minghi, alla seconda posizione si classifica la palermitana Jo Chiarello – all’anagrafe Maria Concetta Chiarello – che nonostante sia prodotta in un primo tempo da Franco Califano, e abbia già partecipato al Festival nel 1981, venendo però subito eliminata, non riesce a fare tesoro del secondo posto ottenuto con “Io e il cielo” e scompare ben presto dalla scena musicale italiana.
1994 – È un’ottima annata per i giovani, la cui sezione stavolta si chiama “Novità”. Infatti vince Andrea Bocelli con “Il mare calmo della sera“, mentre dietro di lui agguanta il secondo posto tale Antonella Arancio (pseudonimo di Ursula Arancio, nome molto più bello, a parere di chi scrive) con “I ricordi del cuore“, che sembra il titolo di una telenovela. Parteciperà anche al Festival del 1995 arrivando nona, dopodiché ci proverà ancora per qualche anno prima di scivolare anche lei nell’oblio (non prima però del solito successo in America Latina).
1996 – Anche in questa edizione partecipano alla sezione “Nuove proposte” molti nomi destinati a un ottimo futuro successo. A parte la vincitrice Syria, troviamo Marina Rei, Carmen Consoli e Silvia Salemi, ma ad arrivare al secondo posto è la 15enne Adriana Ruocco con “Sarò bellissima“, prodotta dal veterano Franco Migliacci, che per sottolinearne la bravura nonostante la giovane età si sbilancia un po’ troppo: «Anche Mozart era più giovane di Salieri, eppure era più bravo». Anche per lei un altro Festival, nel 1997, e niente più. Non sapremo mai se è poi diventata bellissima, come suggeriva il titolo della sua canzone…
Se ne è già parlato tanto, è vero, e sono stati al centro di tante polemiche, ma non possiamo non citare i Jalisse e la loro “Fiumi di parole” con cui vincono il Festival nel 1997, grazie alla regola, introdotta due anni prima e presente per l’ultima volta, che consente ai finalisti non vincitori della sezione “Nuove Proposte” dell’edizione precedente di contendersi 4 posti tra i “Campioni”. Fabio Ricci e Alessandra Drusian vengono premiata dalla giuria demoscopica, suscitando però i malumori della sala stampa e della critica in generale. La canzone – al di là di una certa somiglianza con “Listen to your heart” dei Roxette – non è poi così male e due mesi dopo otterrà un ottimo quarto posto all’Eurovision Song Contest 1997 a Dublino. Il loro disco di esordio, “Il cerchio magico del mondo“, non riscuote però un grande successo e la mancata partecipazione al Festival dell’anno seguente, dove il loro brano viene scartato, sommata alle polemiche innestate dalla loro inopinata vittoria, decreta per il duo l’allontanamento dai riflettori. In realtà hanno continuato a fare musica, tour anche all’estero, commedie musicali e progetti con le scuole, ma il treno del vero successo ormai è già passato.
Gli anni 2000 saranno per buona parte caratterizzati dall’arrivo, direttamente tra i “Big”, di cantanti provenienti dai vari talent-show che inziano a infestare la TV italiana. Tutti ragazzi carini, che cantanto bene, ma per lo più privi di qualsiasi personalità e che spesso, dopo l’exploit sanremese, tornano nell’anonimato, perché non basta “cantare bene” per costruirsi una carriera. Ecco quindi i vari Lele, Marco Carta, Valerio Scanu, passati come meteore nel firmamento discografico, vincitori eppure sconfitti poi nel non sapersi costruire una vera carriera al di là dello schermo TV.