Marco Ferradini – Il Teorema dell’Amore

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Nome storico della musica italiana, Marco Ferradini, ha iniziato la sua lunga carriera alla fine degli anni 60 suonando la chitarra in vari gruppi della nascente scena pop-rock italiana. Ha partecipato al famoso gruppo vocale 4+4 di Nora Orlandi, ha inciso diversi jingle pubblicitari e ha partecipato come corista o solista a molte sigle di cartoni animati come Ufo Robot e Capitan Harlock prima di arrivare finalmente all’esordio a Sanremo nel 1978 con “Quando Teresa verrà“, cui fa immediatamente seguito un album dallo stesso titolo. Fondamentale per la sua carriera sarà l’incontro con Herbert Pagani, con cui inizia una collaborazione che lo porterà, nel 1981, al grande successo di “Teorema“, contenuto nel mini-album Schiavo senza catene. Trovate qui la sua biografia e il lungo elenco delle sue collaborazioni. Con lui abbiamo parlato ovviamente di “Teorema” ma anche della sua visione della Musica.

I tuoi inizi sono legati alla musica pop-rock, come sei arrivato alla dimensione cantautorale e al tuo debutto a Sanremo?

Ma vedi, la musica è una specie di plastilina, di pongo… si modifica, si plasma e rappresenta un po’ quello che sei tu. Io ho iniziato coi gruppi rockettari, come è normale, avevo l’adrenalina nel sangue e fisicamente all’epoca avevo bisogno di quel tipo di musica. Pian piano si cambia e si avvertono altre esigenze… ho conosciuto poi dei cantautori, Lucio Dalla, Ron, che si esprimevano con un altro linguaggio, e si prende qualcosa un po’ da tutti. Ci sono tante scuole e alla fine, dentro di noi, tutte queste esperienze si mescolano e quello che tu hai ascoltato viene fuori. Questa miscellanea di esperienze producono poi una musica diversa, che poi è la tua musica, che è fatta di tutto quello che sei e di quello che hai sentito.

Un nome che esce sempre fuori quando si parla del mondo musicale degli anni 70/80 è quello di Ennio Melis. È stato un personaggio importante anche per te?

Eh sì, direi molto importante perché Melis era il direttore della Rca di Roma, il quale grazie alla sua professionalità aveva creato delle piccole etichette a Milano che erano affiliate alla Rca, come la Numero Uno, dove è nato poi Lucio Battisti o la Spaghetti Records, con a capo Sandro Colombini, che era il mio produttore dell’epoca. La Rca in pratica aveva questa sorta di vivaio, dei promoter che sul territorio cercavano dei nuovi artisti. All’epoca non c’erano gli X factor e i vari talent show, gli artisti si trovavano andandoli ad ascoltare in un locale, ed Ennio aveva indubbiamente questa grande capacità di individuare artisti che da fiamma potevano diventare fuoco… ed è successo anche con me.
A differenza di oggi c’era il coraggio di rischiare e di investire su un artista. Una volta c’era questo grande entusiasmo, e c’erano i soldi. Parliamoci chiaramente: la musica è bella, è arte, ma è anche economia. Se tu investitore hai dei soldi e li vuoi mettere nella musica, li metti in qualche cosa che speri ti renda del denaro, no? Sarebbe ipocrita dire che non è così. Adesso non è più così, perché la musica non vende più come una volta, e questo non è dovuto solo alla musica, che comunque non mi sembra più affascinante come allora e non rappresenta più i gusti del pubblico, ma anche al fatto che nel frattempo hanno inventato i computer, hanno inventato i telefonini, tutte innovazioni tecnologiche che hanno distratto molto l’attenzione dalla musica. I giovani una volta ascoltavano i dischi e poi si compravano una chitarra per cercare di diventare musicisti. Adesso non lo fanno più, non hanno più questi punti di riferimento, e difatti si suona sempre di meno e si usano sempre di più i computer, ma questo è grave, perché la musica ha bisogno di essere suonata. Un tempo un ragazzo che voleva divertirsi e comunicare con gli altri poteva comprarsi uno strumento, studiarlo e, se aveva delle chances, poteva diventare qualcuno. Adesso non è più così, e per un musicista come me è triste. Io sono fortunato perché appartengo a una generazione che ha avuto tutto dalla musica, ma i ragazzi di oggi ci credono di meno perché vedono meno possibilità. Adesso la musica non rende più, i discografici non investono perché non hanno nessun interesse a farlo e purtroppo gli unici luoghi dove puoi ascoltare della musica sono queste trasmissioni televisive, che però in realtà la uccidono. Da lì non viene fuori niente, solo prodotti finti, artificiali… un artista deve crescere suonando, andando in giro, facendosi il culo, facendo musica vera, suonata. Quella è solo estetica, immagine… ti mettono in bocca una canzone che non è tua, che non hai scritto tu, e ti mettono lì solo perché hai una bella faccia o una bella voce, ma capisci che non è vera musica quella. Oggi in gran parte è solo una questione di estetica e non di sostanza, è tutto molto superficiale. È apparire anziché essere.

E così arriviamo al grande successo di “Teorema” che ricordiamolo è stata scritta insieme al troppo spesso dimenticano Herbert Pagani. 

Come dicevamo prima, questa è la classica canzone nata da esperienze che uno ha vissuto sulla propria pelle. Non è una canzone scritta a tavolino, ma basata su esperienze personali, dirette, quindi parla di sentimenti, di esperienze che a un certo punto ti portano a delle conclusioni, e cioè che spesso in un rapporto tra due persone se tu dai troppo di te stesso vieni considerato meno, se invece ti ritrai, fai il prezioso, allora qualcuno ti insegue. Così è un po’ in tutte le cose della vita, c’è chi se la tira e sembra che sia più bravo di tutti quanti, e invece magari è un bluff. La canzone nasce dalla constatazione che quando tu dai troppo amore a una persona, questa in un certo senso ti dà per scontato e se ne approfitta, pensa che tu sia una specie di zerbino, sempre pronto a dare amore, ad esserci sempre. Invece non dovresti essere totalmente aperto, ma fare capire alla persona che ami che hai una tua dignità e devi essere rispettato. Quando qualcuno pensa di tenerti in mano succede quello che accade in “Teorema”.
La collaborazione con Herbert è stata molto semplice e naturale. Io avevo scritto la musica, Herbert scriveva solamente i testi. Siamo andati in montagna insieme e avevamo alcune musiche mie su cui mettere i testi. Gli ho raccontato me stesso, le mie esperienze a quel momento, e lui, che era grande in questo, ha colto dei fatti salienti ed è riuscito a descrivere esattamente il mio mondo di quel momento. Tieni presente che quel Q-Disc è un piccolo concept album: racconta la storia di un ragazzo, di un musicista, che si innamora pazzamente di una donna, litiga con lei, rimane in agosto da solo in città e di notte, per sfogarsi, prende in mano la chitarra e suona per tutta la notte. Finalmente trova un amico con cui fare un weekend in montagna, per scappare lontano da Milano. Vanno in montagna e qui nasce “Un weekend in montagna” che è una canzone del disco. Qui i due teorizzano sui rapporti affettivi, quindi le 4 canzoni contenute nel mini-album sono da ascoltarsi una dietro l’altra perché rappresentano una storia vera, e nei concerti le eseguivo, e lo faccio ancora adesso, tutte di seguito. La gente vuole sentire la verità, una storia vera, vissuta sulla pelle dell’autore ha tutto un altro valore.

E quell’inizio che ricorda “Sailing” di Chistopher Cross è qualcosa che, come a volte capita, ti girava in testa inconsciamente o è una cosa voluta?

Volutissima! Assolutamente. Nel 1980 ero in crisi, così sono andato negli Stati Uniti, e li ho attraversati da costa a costa, sempre con questa canzone, che era appena uscita, nelle radio. Quando sono tornato ho voluto inserire l’inizio di questa canzone per ricordare il mio viaggio, per fare come un flashback. Non è quindi una cosa casuale, o una scopiazzatura, ma è una citazione che ho voluto mettere proprio per ricordare quel mio viaggio ,non solo fisico ma anche psicologico, intellettuale ed emozionale. Oltretutto il resto della canzone è totalmente diverso e non c’entra assolutamente niente con la canzone di Cross.

So che adesso sei in sala di registrazione. Uscirà quindi un tuo nuovo disco?

L’abbiamo appena finito. Adesso vedrò che cosa succede… come dicevamo prima adesso la discografia è in crisi. O trovo un discografico disponibile, e forse l’ho già trovato, oppure lo faccio uscire per i fatti miei. Posso anticiparti che probabilmente si intitolerà “L’uva e il vino”, da una canzone che secondo me è bellissima e riprende la tematica di “Teorema”.